A cura del dott. Stefano Perissinotto
Nell’articolo precedente abbiamo trattato il fenomeno della segregazione patrimoniale come effetto diretto della istituzione e disposizione di beni in trust.
Il corollario della segregazione patrimoniale è la non aggredibilità dei beni facenti parte del fondo in trust.
Con la legge di ratifica della Convenzione dell’Aja del 1985 e, in particolare, con l’art. 11 della Convenzione, è stata introdotta una norma di diritto sostanziale nel nostro ordinamento che limita il principio cardine di ordine pubblico contenuto nell’art. 2740 del C.C. sulla responsabilità patrimoniale del debitore. Non si trattava in realtà di una novità poiché erano già presenti altri istituti limitativi della responsabilità patrimoniale introdotti in precedenza come, ad esempio, il fondo patrimoniale dei coniugi.
La giurisprudenza italiana nel corso degli anni ha avuto modo di pronunciarsi diverse volte su questo particolare aspetto e sull’effetto della segregazione patrimoniale dei beni in trust. In particolare alcune sentenze di merito (vedi Tribunale di Bologna del 1/10/2003, Tribunale di Reggio Emilia 14/05/2007, Tribunale di Siena 16/01/2007) hanno confermato che i beni segregati in un trust, giuridicamente valido, sono non aggredibili dai creditori personali e preclusi dal fallimento di tutti i soggetti coinvolti nell’atto istitutivo del trust.
Ma esistono casi in cui la “cassaforte giuridica” del patrimonio segregato in un trust non tiene? In altre parole, la non aggredibilità appena descritta è sempre valida oppure ci possono essere dei limiti?
Innanzi tutto è bene specificare che i limiti all’aggredibilità sono opponibili solo ai creditori “estranei” alla gestione del trust. Questo significa che se il trustee contrae delle obbligazioni funzionali al compimento del suo ufficio di gestore fiduciario, ovvero di attuazione del programma gestorio stabilito dallo statuto del trust, in questo caso i creditori di tali obbligazioni possono aggredire il patrimonio in trust per soddisfare le proprie pretese, infatti tali soggetti sono definiti come creditori del trust.
La giurisprudenza ha stabilito, inoltre, che la deroga al principio della responsabilità patrimoniale di cui all’art. 2740 del C.C. implica, a tutti gli effetti, che il vincolo impresso sui beni del fondo in trust debba essere adeguatamente conoscibile da parte dei creditori del disponente (Trib. di Cagliari 4/08/2008 e Trib. di Brescia del 12/10/2004).
Oltre a questo, come abbiamo già evidenziato in un precedente post, nel caso di “trust patologico” ossia quello formatosi con preordinazione in frode ai creditori, la non aggredibilità dei beni in trust non è affatto garantita e , anzi, si corre un forte rischio che i suoi effetti segregativi siano privi di efficacia nei confronti dei creditori.
Il trust interno, inteso come negozio giuridico unilaterale, deve sempre e comunque rispettare il principio di meritevolezza sancito dall’art. 1322 del C.C., così come previsto per tutti gli istituti giuridici limitativi dell’autonomia patrimoniale, altrimenti l’intero negozio giuridico viene sanzionato con la nullità.
Oltre alle cause di inefficacia della segregazione appena ricordate è doveroso precisare che, in generale, il soggetto al centro di qualunque tipo di decisione all’interno del programma di trust è sempre il trustee ossia il fiduciario (persona fisica o giuridica) che lo gestisce a favore dei beneficiari. Da questa affermazione si evince che ogni comportamento, da parte del disponente del trust, nei fatti contrario o anche solo tendente ad aggirare questa regola fondamentale può condurre, in caso di contestazione, alla riqualificazione dell’istituto come interposto con la conseguenza della perdita dell’effetto segregativo e quindi la possibilità di aggredire i beni da parte dei creditori del disponente.
Da questa seppur breve e sintetica disamina, si può evincere quanto sia delicata e foriera di conseguenze tutta la fase preliminare di costruzione di un atto di trust e, ancora di più, quanto sia importante e decisiva la sua corretta attuazione da parte del trustee, per tutto il periodo di durata del trust stesso.