A cura dell’avv. Eddy Bazzan
Parliamo di eredità digitale.
Cosa si intende quando sentiamo parlare di “eredità digitale”?
Con questa locuzione si fa riferimento al fenomeno della trasmissione a terzi del “patrimonio digitale” di una persona, in seguito alla sua morte.
Il patrimonio digitale in senso ampio comprende una pluralità eterogenea di beni e rapporti giuridici relativi a informazioni conservate su supporto elettronico. Si può trattare di beni con valore economico/patrimoniale o anche solamente affettivo, gestiti digitalmente e magari protetti da password, vuoi perché riposti in una risorsa fisica come pc/tablet o cellulare, vuoi perché contenuti in siti internet cui si accede con nome utente e password.
I beni digitali, dunque, possono avere un valore economico: pensiamo, per esempio, a investimenti e risparmi che assumono la forma di credenziali d’accesso e diventano beni virtuali come le criptovalute. Oppure a beni che nascono digitali come i contenuti dei social network o i dati salvati in cloud o un’opera d’arte NFT.
Parliamo di ricchezza che al pari degli immobili o dei risparmi depositati in banca deve essere protetta, preservata e trasmessa in ottica di passaggio generazionale.
Cosa ne sarà di questo patrimonio, rappresentato dai beni digitali, dopo il decesso del titolare?
Nel documento dal titolo “Decalogo eredità digitale”, il Notariato ci ricorda che in Italia non esiste una legislazione specifica e non è detto che venga approvata in futuro.
Bisogna quindi prestare molta attenzione fin da oggi ed è opportuno effettuare un inventario del proprio patrimoniale digitale da aggiornare spesso al fine di averne piena consapevolezza.
E’ importante conoscere la sede dei servizi online utilizzati poiché se non si provvede per tempo,
recuperare i dati potrebbe comportare per gli eredi costose controversie anche internazionali.
La prassi ha individuato alcune soluzioni che è importante conoscere al fine di attribuire a soggetti predeterminati l’accesso a risorse informatiche protette da credenziali (username, PIN, password).
Il testamento può essere lo strumento con cui nominare una persona di fiducia delegata alla gestione dei propri servizi online, con istruzioni su cosa fare in caso di decesso.
Si può ricorrere al cd. “legato di password”, disposizione a titolo particolare il cui oggetto varia a seconda del contenuto protetto dalle credenziali. Si tratta di un legato di specie a contenuto atipico, soggetto all’unico limite della liceità del suo oggetto. Con il legato si attribuisce al legatario non soltanto le credenziali, ma anche i diritti su ciò che proteggono.
Dopo il decesso del loro titolare, è possibile far ricorso sia al mandato “post mortem” che all’istituto dell’esecutore testamentario. In linea di principio, inoltre, le risorse online passano nella disponibilità dei successori “mortis causa”(cfr. Studio n. 6-2007/IG Consiglio Nazionale del Notariato).
Soffermiamoci sul mandato post mortem exequendum.
Trattasi di una figura di mandato ammessa nel nostro ordinamento ed utilizzabile per affidare ad una persona di fiducia (che ben potrebbe essere una società fiduciaria) le credenziali di accesso e le istruzioni su cosa fare in caso di decesso.
Se le credenziali fossero inserite in un testamento, diverrebbero pubbliche con la pubblicazione mentre in questo caso restano riservate e a conoscenza solo del mandatario.
Non avendo l’attività oggetto dell’incarico carattere patrimoniale, si può escludere che il mandato violi il divieto imperativo dei patti successori.
La materia è dunque molto complessa e le regole del Codice Civile emanato nel lontano 1942 non sempre si adattano a una realtà in continua evoluzione.
In conclusione, non lasciate che questa ricchezza sia morale che patrimoniale vada dispersa ma affidatevi ai professionisti della consulenza patrimoniale.
Prima Fiduciaria è vicino a Te, sempre!