A cura di Pietro Magrin
Molti Italiani sono alle prese con il desiderio di potersi mettere a riposo anche senza avere l’età di pensionamento prevista dalla famigerata Legge Fornero, attualmente fissata a 66 anni e 7 mesi.
Il governo Renzi aveva già previsto nel 2016 la cosiddetta APE volontaria, cioè l’anticipo pensionistico di fatto richiedibile solo da quest’anno, che si ottiene tramite un anticipo della pensione futura grazie a un prestito erogato da un istituto bancario (seppur attraverso l’Inps). I requisiti sono 63 anni di età e 20 anni di contributi versati.
Potrebbe essere invece da valutare un’alternativa più interessante e meno penalizzante, oltre ad essere slegata dalla previdenza obbligatoria.
Con l’obiettivo di favorire la flessibilità in uscita dal mercato del lavoro e agevolare l’accesso alla pensione, la Legge di Bilancio 2018 ha inserito una nuova forma di prestazione della previdenza complementare: la Rendita Integrativa Temporanea Anticipata. Questa consiste nella possibilità di attingere al capitale maturato in una forma di previdenza integrativa complementare, scegliendo se percepire l’intero capitale o una sua quota, oppure riceve importi liberamente frazionati e determinabili. Tale erogazione inoltre, gode di una interessante agevolazione fiscale in modo simile alla tassazione delle rendite erogate dalla previdenza complementare.
Per accedere alla Rita bisogna avere più 20 anni di contributi versati all’Inps, aver effettuato più di 5 anni di versamenti ai fondi pensione e devono mancare meno di 5 anni dal raggiungimento della soglia di pensionamento (meno di 10 anni per chi è disoccupato da più di 24 mesi).
Quindi un lavoratore potrà decidere di mettersi a riposo a 61 anni e 7 mesi, cioè 5 anni prima rispetto alla soglia dei 66 anni e 7 mesi previsti dalla Legge Fornero. Nel caso il lavoratore fosse disoccupato, questo invece può anticipare la data del pensionamento di 10 anni, ritirandosi a 56 anni e 7 mesi.
Tutto molto allettante quindi, a patto di aver e con lungimiranza aderito ad una delle forme di previdenza complementare previste sia per i dipendenti pubblici, sia per i lavoratori privati e gli autonomi.
Stando però ai dati riportati nell’ultima Relazione Covip, il tasso di adesione a tali fondi risulta pari al 19% tra gli individui con meno di 35 anni, per salire al 27% nelle fasce di età compresa fra 35 e 44 anni e infine al 34% per quelle tra 45 e 64 anni che risulta essere la fascia in cui si registra il tasso di partecipazione più alto.
Sono tutte comunque percentuali molto scarse soprattutto per i soggetti più bisognosi di previdenza complementare, cioè le giovani generazioni. Questi ultimi, vuoi per esperienze lavorative precarie, vuoi per salari considerati troppo modesti per poter destinare anche piccoli contributi a forme pensionistiche o infine vuoi perché il raggiungimento della pensione appare molto lontano nel tempo, non sembrano farsi carico della necessità di programmare una pensione di scorta per il proprio futuro.
E’ di tutta evidenza la portata sociale del problema che è ingigantito ulteriormente dall’applicazione integrale del metodo di calcolo contributivo della pensione pubblica, per cui si auspica che si prevedano quanto prima campagne informative già a partire dal periodo scolastico per far emergere sia la futura esigenza pensionistica, sia la necessità di una adeguata programmazione.